GIOACCHINO VOLPE E LE RAGIONI DELL’INTERVENTISMO NAZIONAL-LIBERALE
di Eugenio Di Rienzo
Nel 1928, Gioacchino Volpe pubblicava la raccolta Guerra dopoguerra Fascismo. Si trattava di una scelta di articoli politici, redatti tra 1916 e 1927, dotati di sostanziale omogeneità perché ideati «in uno spazio di tempo che si presenta come ben circoscritto e con caratteri di continuità, e da un uomo che non ha dovuto superare grandi "crisi" di animo o di pensieri per aderire alla nuova realtà italiana sollecitata dalla guerra». Per quanto Volpe riconducesse le ragioni della propria coerenza a quel «più energico e nazionale liberalismo o, se si vuole, nazionalismo non dogmatico e perciò associabile col primo», non trovò spazio nella raccolta nessuno degli articoli da lui scritti, nel 1914, per il settimanale «L’Azione». Un periodico, ricorderà Volpe nel secondo dopoguerra, che, fino al 1920, fu anche il nome «di un piccolo partito nato dalla scissione del partito nazionalista, al quale io mi accostai, collaborando al suo giornale e al quale ancora oggi, pur con tanto mutamento di situazioni mi sento vicino: perché non intendo nascondere il carattere fortemente nazionale del mio liberalismo». Forse la mobilitazione interventista, per le lacerazioni interne al movimento, per le forzature operate sulla maggioranza neutralista del paese e del Parlamento, si presentava, agli occhi di Volpe, come l’atto finale di un’Italia, avviata sì verso il proprio destino, ma ancora incompiuta. Forse, piuttosto, benché non disconoscesse il merito della minoranza politicamente attiva che aveva voluto l’intervento, Volpe preferiva non insistere sulla frattura allora prodottasi in seno alla società italiana per scongiurare il rischio, denunciato già durante il conflitto, di accreditare l’idea di una guerra «nata per il capriccio di pochi forsennati interventisti, per interesse dei signori, per odio alla povera gente», enfatizzandone invece il carattere di «necessità e inevitabilità». Con queste parole Volpe coglieva il senso dell’interventismo nazional-liberale non dogmatico, come quello del Nazionalismo ortodosso, non emotivo e utopico, come quello dell’interventismo di sinistra, ma ispirato, invece, alla lezione di un realismo politico che escludeva la possibilità che l’Italia, per la sua stessa posizione geopolitica, potesse restare esclusa dal grande conflitto.