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16 Novembre 2018
Gli approfondimenti
 

E' da Caporetto che beviamo caffè al mattino

“Il mangiare era caffè la mattina, un mescolo di mezzo litro di boia il giorno e un altro mescolo di acqua sporca di farina la sera”. In un lungo scritto il soldato Fausti Silvestro, arruolato per il fronte all’inizio del primo conflitto mondiale e fatto prigioniero dagli Austriaci sulla Bainsizza il 24 ottobre del 1917, racconta nel dettaglio il rancio durante i giorni di prigionia in Germania. Si sofferma in modo scrupoloso sulle razioni di cibo e sottolinea con disprezzo quell’acqua sporca che gli viene somministrata a colazione. Prima di allora, infatti, l’Italia conosceva poco il caffè, bevanda che era rimasta appannaggio della sola borghesia, come la cioccolata calda lo era per gli aristocratici.

 

Ci pensò una circolare del novembre 1917 a diffondere e a consolidare fino ai giorni d’oggi l’abitudine di prendere caffè al mattino. All’indomani della sconfitta di Caporetto, infatti, il Comando Supremo dell'Esercito italiano dispose che, per tenere svegli i nostri soldati contro l’offensiva austriaca, bisognava somministrare loro circa otto grammi di caffè e dieci di zucchero al dì, dosi che vennero successivamente aumentate fino a 20 grammi.

La Grande Guerra, dunque, rivoluzionò nel profondo i tanti aspetti della vita quotidiana e sociale. E l’alimentazione fu uno di questi.

 

Le trincee, come grigi alveari, contenevano nel loro ventre giovani uomini provenienti da tutte le regioni, dal nord come dal sud. Ognuno di loro portava con sè il proprio bagaglio di saperi e di sapori, che veniva condiviso anche durante la preparazione del rancio, mettendo in moto un meccanismo di commistione tra culture gastronomiche e usanze culinarie, attraverso ricette riviste e rivisitate.

A volte, anche solo l'aggiunta di una spezia ai soliti poveri ingredienti somministrati nella gavetta, poteva dare un sapore nuovo e più gradevole.

E fu proprio questo processo di scambio a sedimentare un pezzo importante di storia della gastronomia italiana.

Così, lungo la linea del Piave e non solo, il caffè e pian piano con il riso, il bollito e le arance iniziarono ad attecchire sulle nostre tavole.

 

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