Cambio d'abito per le donne del dopoguerra
Con la fine del primo conflitto mondiale la donna veste diversamente. Niente più corsetti e crinoline ma abiti snelli e meno ingombranti per consentirle di svolgere attività quotidiane prima precluse.
Era stato il richiamo della Patria a nuove responsabilità nel mondo lavorativo e nella società, durante gli anni della Grande Guerra, a dare un decisivo impulso alla moda femminile. Quando entrarono nelle fabbriche e negli ospedali come infermiere, le donne avevano bisogno di muoversi agilmente, senza intralci, senza strascichi. Ha inizio così una graduale trasformazione: i bustini si fecero più bassi per agevolare i movimenti del corpo, le gonne, diventate un fastidioso inciampo, si accorciarono fin sulla caviglia e i capelli si liberarono dalle acconciature sofisticate e presero il sopravvento tagli sbarazzini.
Una vera rivoluzione che proseguirà anche negli anni successivi alle ostilità belliche perché il processo di emancipazione era solo all’inizio. Pian piano nelle fabbriche la forza motrice subentrata a quella muscolare permise alla donna di manovrare le stesse macchine prima ad uso esclusivo dell’uomo. Era quindi necessario indossare vestiti che non stringevano troppo la vita e le braccia: viene meno il corsetto insieme a tutti i virtuosismi sartoriali, in favore di un’assoluta semplicità. La moda femminile non più trionfo di pizzi e trine, come nella Belle Epoque, ma emblema di uno stile semplice e austero con gonne dalle linee dritte abbinate a giacche alla marinara, scarpe a tacco basso e capelli corti o raccolti. La donna era pronta ad affacciarsi a una nuova vita nel mondo senza voltarsi indietro.