La Guerra che fece ammalare anche la mente
La Grande Guerra non aveva portato solo morte e miseria, ma aveva provocato danni e conseguenze nefaste sul fisico e sulla psiche di tanti. Persone che erano rimaste sfigurate, mutilate, traumatizzate tanto da non parlare più e altre condannate a portare occhiali scuri a vita perché non riuscivano a sopportare la luce. Lesioni sul corpo e disturbi neurologici di diverso tipo.
Ad esempio i soldati, che per anni erano stati sotto la costante minaccia di una morte improvvisa, scossi da botti, spari ed esplosioni, manifestarono le cosiddette "nevrosi da guerra". La più diffusa fu lo Shock da bombardamento – chiamato dagli inglesi "shell shock" - che provocava tremori, palpitazioni, allucinazioni ed estraneazione dalla realtà. Proprio per indicare i reduci dai combattimenti affetti da forme di disagio psicologico in Italia prese piede l’espressione "Scemo di guerra" .
Fu durante gli anni di conflitto, e soprattutto dopo la disfatta di Caporetto, che nel nostro Paese si registrò una vera epidemia di tali disturbi e per trattarli fu istituito un servizio neuropsichiatrico con intenti curativi e di studio, poiché erano patologie ancora poco conosciute e, tra i medici, divenne di uso comune la pratica dell'elettroshock. Ma accadeva che dopo un periodo di ricovero e di trattamenti negli Ospedali psichiatrici, molti militari, accusati di simulazione, venivano rispediti al fronte, provocando loro ulteriori sofferenze e annullando così ogni progresso raggiunto nel percorso di riabilitazione.