La donna e il suo nuovo ruolo nella società
Protrattasi per quasi cinque lunghi anni, la Grande Guerra non cambiò soltanto le sorti dell'Europa ma trasformò il mondo femminile che conquistò un nuovo spazio nella società.
Se allo scatenarsi delle prime ostilità sembrava essersi rafforzata la distinzione tra i due sessi, proponendo per gli uomini il mito del difensore della Patria e per le donne la figura dell’angelo del focolare, con il passare dei mesi questo quadro cambiò radicalmente. Perché sul finire del 1914 un'intera generazione di maschi, chiamata alle armi, aveva lasciato la propria casa, e la gestione delle città fu ben presto affidata alle spose, alle madri e alle figlie dei soldati.
Costrette a rimpiazzare i posti vacanti, le donne iniziarono a fare ingresso nei settori di attività dove erano da sempre state escluse e fu quindi un proliferare di spazzine, autiste di tram, operaie, postine, infermiere, contadine, impiegate di banca e dell'amministrazione pubblica. Una vera rivoluzione per l'epoca.
A guerra finita, però, molte di loro furono licenziate per lasciare il posto ai reduci, eppure la stima nei loro confronti e la demarcazione netta tra lavoro maschile e femminile si attenuò.
Anche in Parlamento ci fu una presa d’atto della prova importante che le donne avevano dato e lo conferma l'approvazione nel 1919 della legge sulle 'Disposizioni relative alla capacità giuridica della donna'.
Nello stesso anno la Camera iniziò a prendere in esame la legge Martini-Gasparotto, che voleva riconoscere alle donne il diritto di votare e di essere votate.
Il conflitto, dunque, aveva innescato un processo irreversibile di emancipazione per una donna sempre più consapevole delle proprie capacità, pronta ad affacciarsi a una nuova vita, senza voltarsi indietro.