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Foto: Animals in War memorial, London ©CC BY-SA 3.0

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Lavoratrici che misurano il vetro per maschere antigas al Crowndale Works a Camden Town, Londra, 1918 © IWM (Q 28546)

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La preghiera del soldato italiano. Fonte: Museo Storico Italiano della Guerra La preghiera del soldato italiano. Fonte: Museo Storico Italiano della Guerra
Don Giovanni Folci - Fonte: operadonfolci.com Don Giovanni Folci - Fonte: operadonfolci.com
Celebrazione della Messa di Pasqua del 1916. Fonte: cimeetrincee.it Celebrazione della Messa di Pasqua del 1916. Fonte: cimeetrincee.it
Altarino da campo. Fonte: cimeetrincee.it Altarino da campo. Fonte: cimeetrincee.it
3 Marzo 2016
Gli approfondimenti
 

I soldati di Dio

I cappellani militari banditi dall'esercito dopo l'unificazione italiana, vennero ripristinati nel 1915 dal Generale Luigi Cadorna, che ne assegnò uno per reggimento.

Ventimila religiosi partirono per il fronte con lo scopo di risvegliare nelle truppe lo spirito cattolico e rinsaldare il valore patriottico della vittoria. La loro missione fu definita una sorta di propaganda dei buoni sentimenti, come il sacrificio, il dovere, l’onestà e l’obbedienza in risposta alla crudeltà della Guerra.

Il soldato si confrontava quotidianamente con la paura di morire e il cappellano era l'unico con cui confidarsi. Era una fonte di coraggio e conforto una sorta di ponte tra l’esercito e la famiglia: aiutava nella corrispondenza, soprattutto i militari non istruti; segnalava i problemi di grave povertà delle famiglie che visitava cercando di indirizzar loro dei sussidi; distribuiva generi di conforto al fronte come sigarette, coperte, articoli religiosi.

I cappellani militari inoltre celebravano solenni messe nei posti più disparati, al freddo e soprattutto sotto la minaccia dei bombardamenti: questi diventavano importanti momenti di ritrovo e comunione tra i soldati impegnati nelle trincee soprattutto durante le festività. Oltre alle normali funzioni religiose, i cappellani spesso dovevano spingersi lungo le trincee e affrontare il fuoco nemico per recuperare i feriti e dar loro l’ultima benedizione. 

Don Giovanni Folci, cappellano di fanteria inviato al fronte dell’Isonzo, nei suoi diari ha raccontato dei tanti giovani morti fra le sue braccia che a lui affidavano gli ultimi desideri e i saluti ai famigliari lontani: “le preghiere son gemiti dei morenti, di corpi straziati […] la musica è fatta di cannoni a centinaia, di mitragliatrici diaboliche; l’accolta è il fior fiore dell’umanità che si odia e ferocemente si ammazza […] celebro la Santa Messa […] prego e piango!”.

Altri cappellani, terminata la Grande Guerra, si distinsero per il loro impegno politico e civile, come padre Agostino Gemelli, fondatore dell’Università Cattolica, e padre Giovanni Forgione, noto come Padre Pio.

 

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