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"Les Elégances parisiennes", maggio 1916. La moda di Chanel per la guerra. Fonte: Storia della moda di Enrica Morini. "Les Elégances parisiennes", maggio 1916. La moda di Chanel per la guerra. Fonte: Storia della moda di Enrica Morini.
Lady Muriel Beatrix Beckwith, 1916. Fonte: National Portrait Gallery, London Lady Muriel Beatrix Beckwith, 1916. Fonte: National Portrait Gallery, London
Il vestito antineutrale di Giacomo Balla. Volantino della Direzione del Movimento Futurista. Fonte: Storia della Moda di Enrica Morini Il vestito antineutrale di Giacomo Balla. Volantino della Direzione del Movimento Futurista. Fonte: Storia della Moda di Enrica Morini
Modello della tuta, Thayaht. Fonte: Storia della moda di Enrica Morini Modello della tuta, Thayaht. Fonte: Storia della moda di Enrica Morini
4 Febbraio 2016
Gli approfondimenti
 

L’evoluzione del costume durante la Grande Guerra

Dopo quasi mezzo secolo di relativa pace, il mondo è travolto da un conflitto senza precedenti  che mette a repentaglio valori e tradizioni borghesi alla base della ‘belle epoque’. La crisi è generale, molte attività chiudono i battenti. Quello che invece non si arresta è quel processo innovativo della moda femminile al punto che si parla addirittura di “crinolina di guerra”… Fu proprio la crisi economica ad attribuirle un ruolo sociale del tutto impensato.

Da questo momento ha inizio la graduale tendenza all’accorciamento della gonna che avrà anche una linea più dritta, abbinata a giacche alla marinara, camicette, scarpe a tacco basso e capelli più corti o raccolti. 

Il tutto per consentire alle donne di svolgere attività quotidiane prima precluse o necessarie: lavoro in fabbrica e volontariato furono le grandi scoperte persino delle signore borghesi . Quando gli alberghi cominciarono ad essere trasformati in ospedali per accogliere i feriti che arrivavano dal fronte, fu indispensabile l’impegno ‘patriottico’ delle donne come infermiere e di conseguenza l’esigenza di una divisa bianca.

 

E nelle fabbriche, dove la forza motrice subentrata a quella muscolare permise alla donna di manovrare le stesse macchine dell’uomo, divenne necessario indossare vestiti agili che non cingevano più il corpo: viene meno così il corsetto insieme a tutti i virtuosismi sartoriali, in favore di un’assoluta semplicità.

Chi cavalcò tale intuizione con spirito creativo ma anche imprenditoriale fu la vera ‘rivoluzionaria’ nella Haute Couture Coco Chanel (non può sfuggire che fu lei a confezionare il primo tailleur femminile).

La moda era una delle poche attività che potevano sostenere il bilancio del paese con l’esportazione e con il consumo diretto. Ma la scarsità dei materiali tessili, dovuta da una parte all'utilizzo degli stessi per le divise dei soldati, e dall'altra alla mancanza di operai nelle aziende; rappresentava un ostacolo che Chanel superò. I suoi modelli dovevano essere realizzati in maglia, in particolare in un tessuto all'epoca sperimentale: il jersey. Interi stock di jersey, un materiale sobrio e di banale color nocciola, vennero acquistati dall’azienda francese ‘Rodier’ e destinati al confezionamento di abiti da lavoro e non solo.

 

Distante dal gusto francese è l’interpretazione italiana del costume inizio secolo, che  trova la sua espressione nel gruppo futurista.  La modernità con i suoi miti (la metropoli, la macchina, la tecnologia, la luce elettrica, l’aereo, il cinema), si imponeva come nuova realtà. Gli abiti, spesso inusuali - come il ‘vestito antineutrale’ di Giacomo Balla - dovevano adattarsi allo spazio urbano moderno e suggerire effetti dinamici. Così come la Tuta inventata da Thayaht a Firenze per il lavoro industriale: un indumento intero da infilare con un gesto, unisex, realizzato con pochi metri di stoffa in risposta allo scomodo e costoso abito borghese.

 

Fonti:

Storia della moda di Morini Enrica

Evoluzione Storica E Stilistica Della Moda Vol.3 di  Giorgio Marangoni

 

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