Commemorazioni di Pace: i profughi e i prigionieri nell’isola dell’Asinara
I Comuni di Stintino e Porto Torres con il Parco dell’Asinara, l’Università di Sassari e l’Università di Belgrado hanno posto le basi per un progetto di grande interesse volto a far luce su una delle vicende più tristi della prima guerra mondiale: la morte per tifo e colera di 4.574 dei 23.379 prigionieri dell’esercito austro-ungarico, che dopo una tragica, interminabile marcia tra le montagne della Serbia e dell’Albania, laceri, prostrati dalla fame e dalle malattie, furono imbarcati a Valona, nel dicembre del 1915, per essere trasferiti per un periodo contumaciale di quarantena nella Stazione sanitaria dell’Asinara, istituita dal Governo italiano a metà degli anni ottanta dell’Ottocento. Per migliaia di loro l’isola del Diavolo sarebbe diventata una tomba. Ma quella delle prime settimane del 1916 non è solo la storia dell’orrore della morte di massa nella piccola isola spazzata dal vento dove in pochi giorni si dovettero scavare le fosse comuni per più di 4.000 morti di colera, cosparsi di calce viva. È anche la storia di un pugno di uomini, ufficiali e medici civili e militari, che di fronte a quell’umanità tormentata, sofferente, si adoperò oltre ogni immaginazione per far sì che tutti avessero cibo, riparo, cure. Per quelli che riuscirono a salvarsi fu la terra del miracolo, tanto che alcuni prigionieri austriaci vollero erigere la piccola chiesa che sarà restaurata in occasione del Centenario.
Il progetto prende le mosse da una campagna di bioarcheologia volta a indagare la vita dei profughi presenti nell’isola e la loro origine etnica (ungheresi etc); la campagna di scavo e analisi del Dna degli individui sarà portata avanti dal dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Sassari, con il professor Salvatore Rubino.
Infine, sarà oggetto di restauro anche l'Ossario di Campu Perdu e le due steli costruite dai prigionieri austro-ungarici.
Sarà affissa una lastra commemorativa e organizzate attività didattiche e convegni.